FADING - Angelo Bellobono


published in: 
Pyramid arts magazine, New York.
Italian American Community Newspaper, New York.



Angelo Bellobono is a talented Italian artist who lives and works in Rome and in New York. Trough painting, installation, video and performance his work focuses on the body intended as vehicle of identity, and in its physical, psycological, social, cultural and relational meanings.
His interesting analysis on human being and the social pressure over relationships carachterized several of his artistic projects, such as in the recent “Lowlife Wellbeing Center”, 2009. Paintings, drawings and a video investigated the gap between private emotions and codified social behaviour, ironically represented in the video by people training in a wellbeing center, that becomes the place of construction of limits and boundaries over the body, a fake refugee from fears, through re-modeling the body according to collective identitary models. In Bellobono’s project “Chist’è o’paese d’o’ sole” (2008), the analysys involved also globalization and immigration, and the body of the “other” as symptom of the necessity of a re-humanizing socio-economical politic.
His strong thematics, connected to a visual sense of poetry and a sense of irony, make Bellobono’s art strongly communicative and very appreciated, since his first solo exhibition in 1995 in San Diego (CA). It’s in painting where the artist’s concept gets a more rarefied carachter, where poetry and chemistry blend and get able to provoke our emotional sphere.
Angelo Bellobono paints bodies fading in their own fragility.
He liquifies and defines them in colour, and hides their identity in their intense glance, that deeply penetrates inside us. And their eyes tell us about captivity inside the body of social and cultural roles and models.
Individuals condamned to the tyranny of beautiful appearance, bodies yearning perfection to reach the desired place inside social, working, political and economical mechanics, or simply inside relationships, are deprived by the artist of the skin placed over theirselves by social expectations.
They’re like fading ghosts, so real that seem to belong to us, showing their limits and their frailty from canvases, melting the physical and the emotional. So their dark and intimate side appears.
Bellobono paints the struggle between being and appearing. His painting seem to reveal our fragile essence, that we hide in the shadow, far from indiscreet gazes, together with our deepest desires.
Emanuela de Notariis

INTERRELAZIONALE

alcuni testi dal catalogo della mostra
FUORILUOGO XIV - INTERRELAZIONALE
che ho curato a Campobasso, galleria Limiti Inchiusi,
Dicembre 2009


EMILIO FANTIN

Emilio Fantin, Simone Weil, 2009

EMILIO FANTIN propone un’operazione che si relazioni attivamente con il pubblico e il sistema culturale locale, in linea con la propria ricerca sulla strutturazione di modalità di arte partecipata.
Il suo progetto prevede un incontro con artisti, studenti d’arte e quanti si interessino ad arte e cultura, nel cui ambito presentare, assieme a Cesare Pietroiusti, un excursus sulle proprie pratiche artistiche. Una seconda fase dell’ incontro consiste in un laboratorio in cui Fantin, assieme ai partecipanti, lavori “ad un'idea di scuola, che sia stimolante e si focalizzi su idee, persone e azioni che sono state volutamente o no relegate in nicchie culturali o emarginate per volontà politica o ignoranza”. L’artista indica tre personaggi “di soglia”, il cui pensiero è stato interdisciplinare, ha agito nel confine tra saperi diversi mettendone in crisi i dogmi, e da cui prendere spunto per un’ideazione di un’ipotetica scuola che si fondi sull’interdisciplinarietà.
Wolfgang Pauli, fisico, fu il teorizzatore del “principio di esclusione”, un principio della meccanica quantistica che permette la comprensione di molte delle caratteristiche distintive della materia. La ricerca scientifica di Pauli si intrecciò con la psicologia e la fede. Scienza e fede furono per lui due poli attraverso cui tentare una conciliazione tra materia e spirito, esterno ed interno. Il rapporto con Jung operò un cambiamento nella vita e nel pensiero di Pauli, i cui studi si volsero alla ricerca di ciò che definì un “linguaggio neutro”, tra fede e scienza.
E’ proprio in questo spazio neutro tra le discipline che i saperi e i linguaggi si relazionano, secondo il principio della differenza alla base della riflessione operata da Fantin.
Demetrio Stratos, musicista e cantante, condusse una ricerca sulla sperimentazione vocale, che lo portò a raggiungere risultati canori eccezionali. Vivere tra Oriente e Occidente influenzò la sua ricerca musicale e lo indirizzò verso uno studio dell’etnomusicologia dei popoli asiatici. Lo studio e il superamento dei limiti fisici dell’uomo, la ricerca sul rapporto con la musica e la voce nelle civiltà antiche dell’oriente e del medio oriente, insieme allo sviluppo di propri progetti musicali più a largo pubblico, furono gli elementi che indissolubilmente accompagnarono il percorso professionale e di vita di Stratos, un uomo impegnato nel costante superamento di limiti fisici, culturali e disciplinari.
Simone Weil fu una filosofa la cui ricerca sconfinò dal proprio ambito scientifico, intersecandosi con il suo vissuto, la sua azione politica, la sua tensione religiosa. L’intensa analisi della Weil sui cambiamenti politici e sociali tra le due guerre, denunciò un mondo in cui l’individuo era stato ridotto ad ingranaggio di un sistema votato all’idolatria del capitale. La sua cupa visione della realtà fu però mediata dalla sua fede religiosa, che le permetteva di intravedere una salvezza ultraterrena e l’aiutò a trovare la giusta forza per un’attiva militanza politica, all’interno di movimenti antifascisti e trotzskisti. Ricerca filosofica, impegno politico e fede caratterizzarono tutto il percorso di vita della studiosa, il cui pensiero filosofico è sempre passato in secondo piano rispetto alle intense esperienze di vita per cui è più spesso ricordata.

Conoscere Pauli, Stratos, Weil, per elaborare una pratica artistica ed intellettuale che apra le possibilità di un’ interdisciplinarietà del pensiero, che proponga altre prospettive ai partecipanti al laboratorio per ideare di una “scuola” ideale, in cui la pratica artistica diventi differente approccio intellettuale alla conoscenza e all’analisi della realtà. Un’azione che impegna i partecipanti per tutta la durata della mostra, perchè presentino, nel giorno di chiusura, il risultato delle proprie riflessioni.
Ecco che l’arte diventa azione diretta nella vita.
La realizzazione di tale progetto in Molise è un elemento di estremo interesse, che mette in evidenza mancanze ed esigenze di un sistema culturale acerbo e trascurato da istituzioni e politica, penalizzato dall’isolamento, ma ricettivo, per il quale tale operazione è importante linfa vitale.
Emanuela de Notariis

FRANCESCA GRILLI

Francesca Grilli, La quarta conversazione, 2009

FRANCESCA GRILLI ha scelto di lavorare in un luogo non artistico e di proiettare il suo video “La quarta conversazione” nell’atrio di un edificio nel centro di Campobasso: in una zona di passaggio quotidiano, in cui l’arte crea un effetto sorpresa. In tal modo il passante si relaziona con la poeticità del video dell’artista, in una piccola pausa d’arte. all'interno della routine e della frenesia della vita.
Nella videoproiezione, quattro ragazze non udenti cantano una ninna nanna, ma l’elemento audio è molto fievole. L’opera si inserisce in una serie di perfromance e video che l’artista ha prodotto, nei quali persone sorde cantano, emettendo suoni deboli. L’artista “ruba un linguaggio silenzioso”, stimola la riflessione sulla comunicazione e su ciò che riusciamo e non riusciamo a percepire. E’ davvero indispensabile il suono per relazionarci? Nella performance documentata nel video “La seconda conversazione”, un coro di non udenti si rapporta con la natura, in un bosco, e i loro suoni e le loro sensazioni si confondono con rumori e suggestioni della natura.
Nella videoproiezione proposta a Campobasso, le quattro ragazze cantano una ninna nanna all’artista stessa e a noi viene mostrato un momento di intimità: il sonno, che rende vulnerabili. Un senso di fragilità è dato dalla difficoltà dell’emettere il suono, che nello stesso tempo mostra le forze comunicative più sommesse, sottili, invisibili. E’ questa dimensione del dettaglio e della riflessione sui rapporti interpersonali, sulla fragilità e la caducità, sulla comunicazione e gli affetti, che costituisce la forza e la bellezza del lavoro della Grilli. Un video, il suo, che senza bisogno di parole ha una forte efficacia comunicativa.
Emanuela de Notariis

WE/RAGNI²

We/Ragni², Requiem for a dictator, 2009

WE/RAGNI²
Le loro fotografie scavano nelle relazioni dell’uomo con sè stesso, con il paesaggio urbano e industriale, con desideri e contraddizioni della società contemporanea. Dall’utilizzo di vecchie macchine fotografiche a nuovi modelli tecnologicamente avanzati, il loro obiettivo scopre la desolazione di paesaggi postindustriali e la bellezza nell’abbandono di luoghi ed edifici.
Foto con un’estetica da vecchio cinematografo, con colori forti, contrastanti, oppure intensi bianchi e neri, colgono la poesia nel quotidiano, nell’apparentemente insignificante, nell’oggetto trovato per strada. Spiano le industrie, ne fermano i fumi sulla pellicola, ne denunciano il dominio sulla natura e sull’uomo e la potenza di inquietudine. Le rendono testimonianza dell’imporsi del profitto nelle logiche mentali dell’uomo. Ci mostrano le ferite sulla superficie della terra e la loro risonanza all’interno dell’essere umano. La loro arte è denuncia e fascinazione e ci lascia sospesi tra la voglia di abbandonarci alla suggestione dello scenario fotografato e l’insofferenza verso l’inquietudine celata dietro il fascino dell’immagine. Perchè sono abili nel mescolare bellezza e orrore, poesia e desolazione, ansia e tranquillità.
Celebrano il trionfo del corpo e la rivincita del brutto, lacerano la parvenza di autorevolezza di individui immorali. E di un dittatore svelano l’orrore e la piccolezza d’animo, ne corrodono l’apparenza fino a renderlo grottesco, spogliandolo di ogni autorità e della dignità del comando. La fotografia diventa allora un’arma, uno sguardo lucido sul mondo che svela gli inganni delle apparenze e scava alla ricerca di un senso e della verità dell’esistere.
Emanuela de Notariis

ART SHAKE II (2009):

Alcuni testi dal catalogo
www.artshakefestival.blogspot.com

Art Shake promuove arte caratterizzata da ibridismo linguistico e molteplicità di media, che lenisca con la meraviglia le ferite del reale.
Un fil rouge lega le arti visive alla musica, la performance e alla letteratura, sangue di quest’epoca controversa di cui metabolizzano inquietudini e contrasti, spellandoli, sviscerandone sovrastrutture socioculturali e cucendovi su altre pelli, fatte di immaginazione.
Un’epoca in cui i blog e la poesia, i fumetti e la storia dell'arte, sono ugualmente fonti di ispirazione, maestri di un linguaggio di segni ad elevato potere sensibile, rimedi dell'immaginario a una realtà schizoide.

LUSESITA:

La fragilità della ceramica è la delicatezza di creature sottoposte ad una metamorfosi, operata dall’immaginario dell’artista, chirurga di bambole e navigatrice del tempo, degustatrice di biscottini al veleno fatti con tessuto di cuore. Cuocere (la ceramica), cucire (i corpi di molte sculture), generare (tutto un mondo d’arte): attività attribuite al femminile, che entrano in un mixer in cui, senza distinzione di genere, si amalgamano sogni ad occhi aperti e desideri spezzati, ali fragili e inutilizzabili, armature a protezione di sensibilità di donna, che delle proprie lacrime fa ornamento di sé.
Collage da riviste retrò anni 50, illustrazione ottocentesca ed esseri amorfi con casco da astronauta, o forse palombari, formano poesie di ceramica partorite dall’artista perché cantino di ferite ricucite, desideri che mantengono vivi, baci rinchiusi nello scrigno intarsiato del suo cuore, di cui ogni opera è un pezzetto, offerto a tutti noi. Da maneggiare con cura, accarezzandolo con gli occhi.
:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::Español:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::
La fragilidad de la cerámica es la delicadeza de las criaturas metamorfoseándose de Lusesita, cirujana de muñecas y navegadora en el tiempo,degustadora de galletas al veneno hechas de tejidos de corazón. Cocer la cerámica, coser los cuerpos de muchas esculturas, generar todo un mundo de arte: actividades atribuidas a lo femenino, que entran en una mezcla donde,sin distinción de genero se juntan sueños con los ojos abiertos y deseos rotos, frágiles alas, inutilizables armaduras protecciones se sensibilidad de mujer que lleva sus propias lágrimas como joyas.
Collages de revistas retro de los años 50, ilustraciones del siglo XIX y seres amorfos con cascos de astronautas o quizá buceadores forman poesías de cerámica paridas por la artista, para que se canten sobre heridas recosidas, deseos que siguen vivos, besos encerrados en el cofre tallado de su corazón, cada uno un trocito ofrecido a todos nosotros. Para ser manejado con cuidado acariciándolo con los ojos.

MAICOL & MIRCO

Esseri amorfi in mondi fatti di protuberanze organiche mollicce irridono stereotipi e paure normalmente soggette a quotidiane esorcizzazioni. Dal fumetto alla tela, l’humour noir degli artisti gioca a palla con le budella del perbenismo e stacca a morsi le escrescenze virulente di ipocrisie socialmente accettate. Come teppistelli di periferia con le moto, da bulli ridicolizzano timori di morte e deformità. Deformi e destinati ad essere disillusi, i loro personaggi si lasciano andare ad una spensieratezza nichilista, mentre giocosi si impenano nella gestione dei loro mondi di organismi autoriproducentesi.
E rimaniamo tutti soli con le nostre consapevolezze addormentate tra le viscere dell’esistenza.

108

Forme nere catturano chi le osserva nell’inquietudine di ciò che resta misterioso e non si svela, ma crescendo, informe, ha in sè tutte le forme dell’immaginario e fa a brandelli ogni tentativo di identificazione, di attribuzione di una forma precostruita, di senso finito.
Sagome nere che emergono dall’ inconscio si aggrappano ai muri delle città, si spandono sulle tele affascinando con la carica enigmatica e carismatica di un mistero arcaico di cui sono segni, prodotti dall’io non condizionato dalla parte cosciente, dalla ratio.
108, il nome dell’artista, è un numero intriso di simbologia mistico-esoterica, che libera le pulsioni svincolandole da ogni capitalizzazione, globalizzazione, condizionamento del pensiero e della creatività, del sentire e della comunicazione. L’informe è l’essere in potenza, l’essenza oltre la forma, oltre ogni convenzione, che sfugge alla manipolazione della “polizia segreta del subconscio”. E’ potenza non controllata e perciò occulta, che si riallaccia a neolitiche credenze per ritrovare gli antichi legami con le entità impalpbili, unica catarsi di un mondo che idolatra il materiale e capitalizza e violenta il proprio lato spirituale.

SILVIA IDILI

Umano e animale hanno una comune essenza nell'inquietudine che abita spazi incerti, senza luoghi, fatti di buio. O con un interruttore della luce a suggerirvi possibili realtà visibili dietro un mistero: l’arcano intuibile e inafferrabile del destino che accomuna esseri umani e animali, colti dall’artista in un gioco delle parti fatto di gesti sopesi.
Negli oscuri luoghi dipinti tracce di quotidianeità suggeriscono presenze, tramite oggetti riconoscibili persi in un tempo lontano di aritsocratiche bisnonne, in confronto a cui si ha l’impressione di giungere in ritardo.
L'animale antropomorfo distorce l'esclusività del relazionarsi, della malinconia, del sentire. La comune appartenenza è esperita dall’uomo acefalo che assume testa di bestiola e risiede in quegli spazi indefiniti e oscuri, dove tutto è accaduto e sta per succedere e la ragione cede spazio al sentire.

PEIO PEEV

Disegni e schizzi sono una raccolta di suggestioni e visioni, trasferite su carta con un’immediatezza che congela in un disegno l’attimo in cui il corpo cede e mostra la propria deformità. Ogni incontro, ogni persona, attori di un film, giocattoli o eroi dei fumetti sono dall’artista scorticati, indagati e mostrati sul foglio nel loro aspetto mostruoso, ridicolo, inquietante.
La deformità è l’interazione emozionale con l’altro, senza filtri.
Peio ricostruisce la realtà e i ricordi mescolando tratti somatici, situazioni, personaggi, sovrapponendo azioni e ruoli, che spiazza.
Offre un cosmorama del suo interfacciarsi col mondo, che ricostruisce secondo il proprio sguardo. Con il suo sguardo vediamo personaggi e situazioni in cui il tempo è sospeso, così come sono sospesi ogni giudizio e ogni interpretazione. Resta solo lo scorticamento di quella patina lucidante che nelll’odierno confondersi sempre maggiore di reale e virutale, rende tutto finzione.
Peio coglie ognuno nel momento di distrazione dal proprio ruolo e con un gesto rende la distrazione eterna.

MOIRA RICCI

Se il “the end” fosse stato tragico io sarei stata piú abituata a soffrire per le delusioni d'amore”. La tv, il cinema, parte della letteratura offrono visioni dell’amore a lieto fine, drammi di vita che attingono alla realtà per consolarci delle delusioni che sovente riserva.
Il lieto fine è l’illusione cinematografica che fornisce facili speranze di risoluzione positiva delle complicazioni sentimentali. Cosa sarebbe successo a Sandy di Grease, Holly di Colazione da Tiffany, Ariel del disneyano La Sirenetta se avessero perso per sempre i loro amati? Che a noi bambine non avrebbero proposto ulteriori storie a lieto fine che ci lasciano impreparate alle sofferenze della vita, sognando principi azzurri e trionfi di amori imperituri. La vendetta è allora cambiare i finali dei film, rimontarne le immagini e far soffrire anche loro, le Sandy e le Holly, le donne dell’happy end come il Tempo delle Mele o Top Gun e tanti altri film culto, con lieto fine da lacrime e pop corn.
Nella vita reale però i pop corn sono spesso salati di lacrime e, operare una finzione nella finzione per recuperare un senso di realtà contro la proposizione di sdolcinati e illusori modelli di massa, è tanto ironico, quanto drammatico. Un gioco apparentemente spensierato, che attinge a sentimenti profondi, in cui ogni donna sa riconoscersi.

KAFRE

Studia la simbolizzazione dei contrasti spirituali e della pretesa di illustrare e definire la totalità, senza cadere nell’errore della rappresentazione, illusione e tradimento. La realtà infatti eccede sempre la nostra capacità di analisi concettuale.
Nel lavoro di Kafre confluiscono i suoi studi dell’arte e della mistica medioevali, delle illustrazioni alchemiche e dei bestiari e di ogni arte che indaghi il processo di conoscenza, fin dall’antichità.
La consapevolezza dell’impossibilità della conoscenza assoluta e della salvezza nel Divino è la maledizione dello gnostico, la dannazione di un’esistenza che porta il marchio dell’abbandono, dello scisma tra l’uomo e i Misteri del cosmo. La ciclicità, il dualismo e l’eterno ritorno, l’Uroboro associato alla continuità del tempo, al divino e al terreno, luce e lama, il conflitto con la storia e il tentativo di dare corpo e aspetto alle proprie ossessioni, sono la base di un’arte come rituale alla ricerca di un equilibrio. La creazione di un mondo di simboli serve per conoscere e orientarsi lucidamente nella “foresta di simboli” della realtà.

SILVIA ARGIOLAS

Dentro favole dipinte, ragazzine sognanti hanno echi di incubo tra i capelli e tra le braccia rami d’inquietudine. Abitano foreste e boschi, che allungano artigli a protezione e i cui colori si sfumano a formare esseri morbidi e trasparenti, pronti a offrire dolcezza. L'apparenza però non dà certezza che non ci siano violenza e dolore, nè che la trasparenza non sia in(d)izio di una morte.
Il ballo sull’età sospesa in eterna fanciullezza, da leggiadro diventa allora insostenibile, romantica struggenza di malinconica non appartenenza a questa realtà, sempre sul punto di incombere sui luoghi fabulistici dell’artista, con meravigliosa inquietudine.

NORA NOAH WUYTACK

Un mondo delle Meraviglie in cui Alice è cresciuta, ma non troppo e saltella in mondi abitati da animali ibridi e coloratissimi, dalle sembianze allegre e bambinesche, ma velati di malinconia. A volte mostrano di avere una sorprendente ferocia trannenuta, eco delle reali leggi di natura, che l’uomo ha allontanato da sè con codificazioni socioculturali.
Il Bambi dell’artista si divertirebbe a giocare con lamette e rasoi affilati; le sue Alice, bambine come lei abitanti dei propri sogni, delle proprie visioni, così innocenti sembrano stringere un po’ troppo in mano i teneri coniglietti bianchi, spogli della propria autorità.
L’artista gioca con la sovrapposizione dei registri di dolcezza e violenza, dando vita a personaggi in ceramica, con aggiunte di materiali diversi come capelli o veletti, che strappano sorrisi e il cuore a colpi di tenerezza. Bambine vampire e principi porcospini con la coroncina preziosa sembrano estratti dai nostri sogni di bambini, proiezioni delle nostre memorie, delle nostre menti liberate da condizionamenti del quotidiano esistere e pensare. E tutte le poesie delle scuole elementari diventano filastrocche tridimensionali per bambini cresciuti, con idee come proiettili, non sempre caricati a salve.

D.V.DROPS 2

ARTISTI A CONFRONTO ITALIA | INGHILTERRA
MAR.16 dic. 2008 h.21.00

Ferrara, Centro Teatro Universitario
a cura di Emanuela de Notariis (per l'Italia) e Francesco Ventrella (per l'Inghilterra).
evento legato alla mostra Visuale, a cura di Yoruba e Amae, nell'ambito del festival Art Fall, Ferrara.
Dal catalogo:
La visione penetra sotto la pelle della realtà e ne viola i segreti, velandoli di poesia che abita mondi onirici, di leggerezza che sussurra crudeltà di solitudine fascinosa. La visione diventa visionaria, accattivante, leggiadra ballerina sulle nostre segrete emozioni, su palcoscenici di fiabe insanguinate di reale. Fiabe come fiction, a volte leggera, a volte politica. Commedia che a volte fa il verso all’epica.

DvDrops 2 non è il risultato di una riflessione concettuale tra immagini e temi, ma piuttosto il discorso, sempre aperto, inconcluso e forse inconcludente, su un modo di vedere come mezzo attraverso il quale scegliere, catalogare e mostrare immagini in movimento. L’idea di unire artisti italiani e inglesi non nasce solo dai rapporti culturali che entrambi i curatori intrattengono con i due paesi, ma deriva forse dal modo in cui strumenti come Youtube e Myspace cambiano la distribuzione delle immagini in movimento. Il dibattito ormai obsoleto sul divario tra videoarte e cinema lascia quindi il posto al ruolo dello spettatore come vero mezzo di distribuzione dell’immagine, come soggetto che trasmette se stesso (broadcast yourself).
Fare, sperimentare, manipolare, collaborare sono i verbi tutti molto pratici che sembrano rappresentare un gruppo di dieci artisti che più che fare da se (per parafrasare la cultura inglese del Do It Yourself), sembrano piuttosto fare se stessi con e grazie alla collaborazione con altri: l’immagine in movimento diventa solo un supporto, mentre il vero medium si sposta nel corpo e nell’immaginazione di chi guarda.
Emanuela de Notariis e Francesco Ventrella
ARTISTI:
ITALIA: Andreco, Marco Morandi, Christian Rainer, Virgilio Villoresi.
INGHILTERRA: Ashley Dean, Laura Kloss, Joe Mawson, Lee Pearman, Gaia Rosenberg Colorni, Leonor da Silva.

NON OFFRIRMI ASFODELI DI PLASTICA # 2

A cura di Emanuela De Notariis

Festival Molise Cinema, Casacalenda (CB)
5 - 10 Agosto 2008



Non Offrirmi asfodeli di plastica alla sua seconda edizione porta i video d’artista all’interno delle case della Terra Vecchia, il centro storico di Casacalenda.
Dalle finestre, nei cortili e negli ingressi di edifici abitati e non, gli schermi con i video operano un’intrusione nell’intimità del luogo, che si connota come scambio: tra i video, l’intimità degli inquilini e il pubblico, ma anche tra l’abbandono e la nuova vita data dall’azione artistica.
I video sono il tramite e il veicolo di questa interazione, presenze che sconvolgono il senso dei luoghi entro i quali si intrufolano per rivelarci altri mondi, onirici, meravigliosi, inquietanti e affascinanti. Videomondi a cui lasciarsi andare, guidati dai suoni che ci condurranno da uno schermo all’altro, nel borgo solitamente silenzioso.
VIDEOARTISTI:
Amae, Andreco, Ericailcane, Emanuele Kabu, Lolo, Sosaku Miyazaki , Marco Morandi,
Beatriz Sanchez, Carlo Michele Schirinzi, Virgilio Villoresi.
I VIDEO:
Se una pecorella prendesse un pugnale per sgozzare i sogni impigliati sul tuo cuscino, su cui un santo scolorito dal fumo delle candele votive poggia il suo sguardo mostrandoti le viscere, reliquie dove intingere pennelli per colorare pesciolini volanti che ci portino al circo magico che balla acrobazie per la città, andresti di notte su un aereo di carta a gironzolare negli intestini di un mostro fluo? Per venirmi a dire una poesia, vola nel mio pianoforte e le libellule ci saranno amiche, sfiorando organi esposti di santi che piangono make-up e brillantini, perché il corpo è di plastica o si è perso tra i bombardamenti a sud ed è poesia di solitudine dell’esistenza, ma balla leggero le sue musiche retrò, rubandomi il cuore per cucirselo sul petto mentre piove e io costruisco protesi notturne. Osserva le storie raccontate sott’acqua da fantasmi senza veli, perduti tra meduse che rincorrono cani di carta a dipingere muri, perché c’è un uccellino che impedisce il suicidio del sole. Lo sai che i miei mostri sono amici dei Beatles? Vorrei chiudere il mondo in una nuvola che lo risputi alla rinfusa, per poi ballare tra le novità aspettando la nave degli scheletri vestita da albero giocoliere, tra strade che sono collage dei miei sogni di cartoncino colorato, mentre tu pedali veloce sulle mattonelle del tuo bagno.
Emanuela De Notariis


Per la prima volta Molise Cinema presenta una sezione di videoarte, articolata in diverse sezioni.
Video di artisti italiani e internazionali saranno visibili nelle sezioni Burn curata da Angelo Capasso ed Emanuela Nobile Mino, “Non offrirmi asfodeli di plastica, a cura di Emanuela De Notariis, Turn love to hate a cura di Christian Rainer, “…e non ho parole, a cura di Massimo Palumbo.
www.molisecinema.it

ART BOX I - ANTONIO RIELLO

container 1:
ANTONIO RIELLO
“Italiani Brava Gente”
1997, videogioco.



Nel 1997, anno di creazione del videogioco “Italiani Brava Gente”, innumerevoli imbarcazioni gremite di profughi provenienti dall’Albania attraccavano sulle coste pugliesi, suscitando in Italia preoccupazione sociale e allarmismi mass-mediatici. Attorno ai profughi albanesi venne pian piano costruito uno stereotipo negativo, che li considerava tutti dei potenziali criminali.
Nel 2008 altre fughe, altre migrazioni creano ulteriori dibattiti sulla considerazione dell’ ”altro”, sull’accoglienza e la xenofobia, provocano violenze e diffusione di ulteriori stereotipi socio-culturali.
Il videogioco di Antonio Riello evidenzia, dissacra e spinge al paradosso tali costruzioni mentali, smantella gli stereotipi cuciti addosso agli emigranti albanesi dalle fobie della nostra società. Stereotipi che mettono in crisi la tradizionale ospitalità italiana.
Il videogame ha una grafica elementare, un solo livello di gioco, perchè l’innovazione tecnologica lascia spazio al contenuto, le cui ironia e forza concettuale sono ancora estremamente attuali. “Italiani Brava gente” è la prima opera d’arte sotto forma di videogame in Europa e dimostra come il gioco e l’ironia possano diventare delle vere e proprie armi per decostruire e distruggere le mitologie negative di una società. Il gioco è ideato sul classico modello “spara ai cattivi”, inserito però in un contesto reale e contemporaneo. Il giocatore assume il comando di una batteria costiera nel canale di Otranto per sparare alle navi albanesi, che altrimenti approdano in Puglia e fanno sbarcare clandestini che, proprio come da copione, commettono furti e stupri, con tanto di urla femminili in sottofondo.
La relazione tra il gioco e l’attualità rende l’operazione forte, provocatoria, carica di cinica derisione che irrita ogni buonismo, e dimostra che giocare con la banalità e i luoghi comuni può aiutare a demolirli.
Il videogioco eccedendo l’ambito del quotidiano va a collocarsi tra gli altri media artistici, si pone come ponte tra cultura alta e bassa, reale e virtuale, e costituisce un notevole spunto di speculazione teorica, artistica e sociale. L’opera d’arte diventa così politica, senza fornire giudizi morali, ma spunti di riflessione per il pubblico.
Vedere i drammi di un popolo trasformati in videogioco può paradossalmente essere più efficace del guardarli in un filmato “reale”, magari al telegiornale. Proprio perchè cambiando il contesto, si agisce laddove manca la protezione dell’incasellamento degli argomenti nei contesti consueti, confinati nei limiti imposti dal perbenismo di facciata. Riello spinge all’eccesso il lato oscuro non solo di un popolo intero, in questo caso quello italiano, ma dell’umanità.
Durante la battaglia si sente la musica di “O sole mio”, il prototipo/stereotipo della canzone italiana, la spensieratezza che stride con il sanguinoso conflitto, alla fine del quale il giocatore che uccide parecchi profughi viene osannato dalla folla.
E’ scandaloso che Riello ironizzi a tal punto su un dramma reale?
No, perchè l’artefice di questa storia non è l’artista, è la società. Antonio Riello mette in gioco i drammi e le debolezze socio-culturali dell’Occidente, perchè ironizzarne diventi stimolare una riflessione. E’ così che dalla sua fervida creatività nascono sculture come armi per signora dalle impugnature leopardate, bombe a mano incastonate di cuoricini e brillantini, navi da guerra con vedute di Pisa o missili con immagini sacre. Riello ci mette di fronte ai miti, alle contraddizioni e alle ipocrisie della nostra società, offrendoci la redenzione della risata, insieme alla presa di coscienza.
Emanuela de Notariis






ART BOX II - C.M. SCHIRINZI

container 2:
CARLO MICHELE SCHIRINZI
“Arca di Concentramento”
2008, video DVD loop, colore, 08’50”.



La storia, naufraga, lascia all’acqua memoria di sé.
Nel video di Carlo Michele Schirinzi due corpi dalle tonalità livide, cineree, si lasciano andare al desiderio, ad un contatto che li rivela vivi solo come ricordo, impresso sulla pellicola. I frammenti del vecchio film, rielaborati dall’artista, sono la pelle stessa dei due corpi, distorti perchè pelle erosa dal tempo, che lava via come pioggia incessante ogni distanza temporale. E tutto entra a far parte dello stesso dramma.
L’acqua culla le immagini, dà voce al dramma, ne è il sonoro. E’ mare notturno, teatro di transumanze adriatiche di scafi in fuga. E’ pioggia che rimanda a diluvi distruttori e che cade in un paese silente irradiato di luce viva, rossa, vibrante, in contrasto con il grigiore dei corpi, come un alternarsi di realtà e ricordo. Così il lampione, rosso, scrutante, è presenza viva che frammenta la memoria. L’ acqua è anche doccia, che dissolve il corpo di donna, splendida nel desiderio, e lo irradia di luce distruttiva, come nelle docce terribili latrici di morte nazista.
Il mare unisce passato e presente, migrazioni di ogni tempo e attuali traversate adriatiche, dirette verso Selene, la luna, dove il corpo è leggero ma il perché “ è un mistero non si sa” ed “è bello stare qua”. Così canta Modugno alla fine del video, nella canzone “Selene”, che alleggerisce il dramma della doccia ed evoca una felicità altrove e la voglia di amore, come quella dei due corpi, e di fuga, come di chi abbandona i propri luoghi e si avventura nel mare.
Il container diventa allora “arca dedicata ai turisti forzati dei naufragi storici” (C. M. Schirinzi), che accoglie memorie di corpi migranti di tutte le epoche, carichi dei drammi di vite in fuga, di desideri e morte.
Ma Selene, luogo di leggerezza, l’altrove desiderato in ogni epoca, può essere raggiunta perchè accolga il dramma di chi la cerca e si avventura in mare. L’arca diventa ventre materno, rifugio e teatro di desideri e paure.
Emanuela De Notariis